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Sistemi di alimentazione a correzione di errore

da | 10 Giu, 22 | Tutorial |

Le batterie, i trasformatori, gli alimentatori e i convertitori non sono dispositivi ideali e, inevitabilmente, sono caratterizzati da fenomeni di perdita dell’energia. Tale fatto si traduce in un abbassamento della tensione in uscita sul carico, in relazione alla corrente erogata. Anche la temperatura gioca un ruolo critico sulle prestazioni di un dispositivo. Implementando un sistema di amplificazione d’errore, è possibile rendere più stabile la tensione in uscita, con qualsiasi tipo di carico.

Lo stabilizzatore con diodo Zener

L’utilizzo di un transistor di potenza, con la funzionalità di amplificatore di corrente, permette di realizzare e di costruire circuiti stabilizzatori che erogano una elevata corrente d’esercizio, mantenendo abbastanza costante la tensione in uscita e una corrente sul diodo Zener molto bassa. Il circuito visibile in figura 1 è un classico della teoria di stabilizzazione e può essere utilizzato anche per potenze molto alte. Purtroppo l’efficienza non è la migliore poiché gran parte del calore è dissipato dal transistor per svolgere la sua funzione di abbassare la tensione. Il circuito è caratterizzato dai seguenti parametri e componenti:

  • tensione d’ingresso di 12 V, proveniente da una batteria di automobile con una resistenza interna di circa 0.07 Ohm, al fine di avvicinare il suo comportamento a un componente reale;
  • tensione di uscita desiderata di 7.5 V, per alimentare una lampada di potenza, un impianto stereo o un altro carico a questa tensione;
  • il transistor di potenza utilizzato è il classico 2N3055, che deve essere corredato di un adeguato dissipatore di alluminio se la corrente prelevata supera certi livelli;
  • il diodo Zener utilizzato è di 8.2 V. In uscita si ottiene una tensione leggermente inferiore dal momento che la giunzione BE del transistor comporta un abbassamento di circa 0.7 V;
  • il carico del circuito ha una impedenza di 100 Ohm, ma può essere alzata o abbassata senza problemi;
  • i condensatori elettrolitici hanno la funzione di migliorare ulteriormente la stabilizzazione, rendendo più pulito il segnale in uscita.
Figura 1: un classico stabilizzatore

La tensione d’uscita del circuito non corrisponde più alla tensione del diodo Zener ma occorre considerare anche la caduta di tensione tra base ed emettitore (di solito pari a circa 0.7 V), che la abbassa di un certo valore. La tensione di uscita del circuito, dunque, è pari a:

La corrente che attraversa la base del transistor dipende, ovviamente, dalla corrente che attraversa il carico diviso per il “beta” del componente stesso. Tale corrente, a ogni modo, è molto piccola. La stabilizzazione del circuito è molto buona e la tensione in uscita è abbastanza stabile. Le variazioni di corrente sul diodo Zener (IZ), infatti, sono ridotte di “beta” volte. Se la tensione d’uscita deve corrispondere a quella del diodo Zener, si può inserire un diodo al silicio in serie ad un diodo Zener in modo da annullare la Vbe. In questo modo la caduta di tensione del diodo al silicio compensa quella del transistor. Come detto prima, l’efficienza del circuito non è proprio il suo punto di forza. Essa aumenta quando la tensione di ingresso è più vicina a quella d’uscita. Una elevata differenza, infatti, si traduce in una notevole potenza dissipata in calore inutilizzato. Esaminiamo i valori statici del circuito, al fine di calcolare l’efficienza del suo funzionamento:

  • V(in): 11.993 V (c’è un piccolo abbassamento di tensione a causa della resistenza interna della batteria);
  • V(out): 7.8 V;
  • I(batt): 90.98 mA;
  • I(load): 78.05 mA;
  • I(Zener): 12.93 mA;
  • P(batt): 1.09 W;
  • P(load): 609.20 mW.

L’efficienza, dunque, è molto bassa, circa il 55.89%. Il transistor dissipa, per il lavoro di abbassamento della tensione, una potenza pari a 322.6 mW, un valore troppo elevato. Per questa tipologia di applicazioni, ricordiamo, è sempre meglio utilizzare le nuove tecniche di conversione Switching.

Amplificatore di errore e stabilizzazione migliorata

Il precedente stabilizzatore ha il pregio di risultare molto semplice e di essere costituito da pochi componenti, ma presenta un certo margine di instabilità e l’impossibilità di modificare la tensione di uscita, bloccata dalla tensione dello Zener. Per risolvere il problema si può utilizzare una soluzione che prevede un ulteriore transistor e alcuni potenziometri. Il nuovo transistor Q3 lavora da amplificatore di errore in continua, agendo sulla conduzione del transistor Q2. La regolazione della tensione d’uscita può, quindi, essere ulteriormente migliorata, in modo che una variazione anomala del carico di uscita, della tensione d’ingresso o della temperatura non influisca sulla tensione di uscita. Per ottenere una migliore stabilizzazione, dunque, si può implementare il circuito di una retroazione negativa in modo da regolare automaticamente eventuali variazioni dei valori di funzionamento. Lo schema di figura 2 mostra il circuito teorico ma perfettamente funzionante del regolatore di tensione di uscita con amplificazione d’errore. Il circuito è caratterizzato dai seguenti parametri e componenti:

• V(in): 11.993 V (c’è piccolo abbassamento di tensione a causa della resistenza interna della batteria);

• V(out): 8 V;

• I(batt): 87.83 mA;

• I(load): 80.08 mA;

• I(Zener): 7.09 mA. Il valore dello Zener, questa volta, è di 4.7 V.

• P(batt): 1.05 W;

• P(load): 641.31 mW.

Figura 2: schema di regolatore tramite amplificazione d’errore

Il transistor Q2 lavora come se fosse una resistenza variabile, pilotata dalla corrente di Q3 che confronta la tensione di riferimento dello Zener con quella del partitore R5-R6. Tale differenza è amplificata e la tensione di uscita è adeguata grazie alla reazione negativa del circuito. Una porzione della tensione di uscita viene, in questo modo, confrontata con la tensione di riferimento VZ. La differenza tra le due tensioni agisce sul transistor Q2 che funziona come elemento di controllo in modo da stabilizzare la Vout. La tensione d’uscita dipende dal rapporto del valore delle resistenze del partitore R5-R6, dal diodo Zener e dal potenzione VBE di Q3, secondo la seguente formula.

Questa soluzione contribuisce anche ad aumentare leggermente l’efficienza del circuito che, nel caso esaminato, arriva al 61.07%. Per determinare il valore della resistenza R4 (quella che alimenta il diodo Zener), si può seguire la seguente relazione:

Il valore del partitore R5-R6 è estremamente critico. Occorre dimensionare con precisione le resistenze e regolarle finemente attraverso i potenziometri o i trimmer collegati. Affinché il partitore fornisca la giusta corrente al transistor Q3, è necessario che in esso scorra una corrente abbastanza grande da garantire una buona stabilità termica, ma non troppo grande da sovraccaricare l’uscita del circuito. Le seguenti espressioni possono essere di aiuto per calcolare le due resistenze del partitore.

Misuriamo le escursioni di tensione in dipendenza della temperatura

Il secondo circuito migliora di tanto le prestazioni dello stabilizzatore è lo rende, praticamente, quasi immune alle variazioni di temperatura. Andiamo, adesso, a verificare gli effetti termici su entrambi i circuiti, esaminando le alterazioni di tensione all’uscita. La figura 3 mostra un funzionamento statico dei due circuiti alle condizioni viste in precedenza. La simulazione è effettuata in un intervallo di temperature compreso tra 0° C e +50° C. Come si può vedere dai due grafici, la tensione di uscita dei due stabilizzatori è variabile in relazione alle condizioni termiche. In particolare le misure del grafico mostrano i seguenti particolari:

  • il grafico di colore rosso rappresenta l’uscita del primo circuito, con un carico di 100 Ohm, alla temperatura di esercizio variabile compresa tra 0° C e 50° C. Si vede un aumento progressivo e lineare della tensione di uscita, a 0° C di 7.61 V e a 50° C di 7.96 V, per una escursione totale massima di 0.35 V. Il primo circuito, dunque, è abbastanza dipendente dalla temperatura;
  • il grafico di colore blu rappresenta, invece, l’uscita del secondo circuito, con un carico di 100 Ohm, alla temperatura di esercizio variabile compresa tra 0° C e 50° C. Si vede una diminuzione progressiva e lineare della tensione di uscita, a 0° C di 8.08 V e a 50° C di 7.94 V, per una escursione totale massima di 0.14 V. Il secondo circuito, dunque, è abbastanza immune alla temperatura e risente molto meno delle variazioni termiche.
Figura 3: il grafico delle tensioni di uscita in dipendenza della temperatura di esercizio

Una possibile realizzazione pratica

Il progettista può approntare un reale PCB per la realizzazione di un prototipo pratico dello stabilizzatore, come si può vedere in figura 4. E’ interessante misurare e confrontare, poi, i valori di tensione, corrente e potenza ai vari punti del circuito.

Figura 4: un esempio di PCB del circuito stabilizzatore a correzione di errore

Conclusioni

Occorre ricordare che la temperatura influenza il comportamento dei semiconduttori e in particolare i parametri VBE e VZ sono particolarmente affetti dalle variazioni termiche. La tensione VBE diminuisce di circa 2.5 mV/°C, mentre per la VZ occorre distinguere la tipologia degli Zener. Per i modelli caratterizzati da una VZ>5 V, il coefficiente di temperatura è positivo, e l’incremento della temperatura determina un aumento della resistenza differenziale. Per i modelli caratterizzati da una VZ<5 V, il coefficiente di temperatura è negativo e un aumento di temperatura corrisponde un decremento della resistenza differenziale. A ogni modo, se si ha la necessità di un sistema di conversione caratterizzato da una efficienza maggiore del 90%, occorre considerare la realizzazione di un sistema Switching di tipo buck.

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