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Corso di elettronica di potenza: “I componenti di potenza” (quarta puntata)

da | 12 Apr, 23 | Tutorial |

Continuiamo la carrellata dei componenti elettronici di potenza, utilizzati come interruttori in regime di commutazione, osservando il loro comportamento generale con alcune simulazioni SPICE. I modelli più recenti sono migliorati sotto diversi punti di vista come, ad esempio, la velocità di commutazione, le massime tensioni e correnti sopportabili e, soprattutto, l’abbassamento del parametro della Rds(ON).

Power MOSFET

I transistor bipolari osservati nella scorsa puntata hanno l’inconveniente di presentare tempi di commutazione troppo elevati, specialmente ad alte potenze. In questo modo essi non garantiscono una buona saturazione, per cui le perdite di commutazione sono inaccettabili. Tale problema è stato fortemente ridotto grazie all’adozione della tecnologia a “effetto di campo”, con i dispositivi di commutazione conosciuti come Power-mos, o transistor di potenza a effetto di campo. A ogni modo il nome più utilizzato per indicare questo tipo di componente è quello di MOSFET. I power MOSFET sono dispositivi normalmente a canale N, in grado di sopportare tensioni di centinaia di volt e correnti di decine di ampere. Essi sono polarizzati con una tensione VDS positiva ma in assenza di essa solo una piccola corrente di fuga attraversa la giunzione P-N. Regolando la tensione VGS si può controllare la larghezza del canale conduttivo e la resistenza equivalente RDS del dispositivo, che va da valori elevatissimi (Rds(OFF)) a valori molto bassi (Rds(ON)). Essi sono caratterizzati da una grande velocità di commutazione, con tempi di accensione e di spegnimento nell’ordine delle decine di nanosecondi, quindi centinaia di volte più veloci dei BJT. I terminali sono, dunque, il gate, il drain e il source. Il gate è costituito da polisilicio ed è isolato da tutto il dispositivo mediante un sottile strato di ossido. Solitamente nello stesso dispositivo viene inserito un diodo di ricircolo, posto tra i terminali drain e source. La figura 1 mostra lo schema di principio di alimentazione di un MOSFET, con le relative risposte in corrente variando la tensione VGD e la tensione VDS. Il modello di MOSFET utilizzato è, nell’esempio, l’IRF530, il cui modello SPICE è il seguente:

.model IRF530 VDMOS(Rg=3 Vto=4 Rd=50m Rs=12m Rb=60m Kp=5 lambda=.01 Cgdmax=1n Cgdmin=.26n Cgs=.2n Cjo=.4n Is=52p ksubthres=.1 mfg=International_Rectifier Vds=100 Ron=160m Qg=26n)

Se la tensione VDS supera quella massima consentita, la corrente cresce in maniera netta e provoca una immediata rottura del dispositivo. I MOSFET si comportano come delle resistenze variabili controllate dalla tensione di controllo applicata al gate. Quando la tensione di controllo supera certi valori, il parametro Rds(ON) è molto basso, viceversa, se tale tensione è nulla, il parametro Rds(OFF) è molto alto e non permette il passaggio di alcuna corrente. Il MOSFET ha un altro vantaggio rispetto al BJT. La resistenza tra drain e source cresce all’aumento di temperatura limitando, dunque, la quantità di corrente in transito. In tale maniera non si verifica “l’effetto valanga” tipico dei transistor e il dispositivo non si distrugge. Il componente è molto veloce in commutazione e, grazie ai numerosi vantaggi, esso può essere collegato facilmente in parallelo con altri esemplari.

Figura 1: la famiglia di caratteristiche ID vs. VDS, per diversi valori della tensione VGS del MOSFET IRG530

E’ molto semplice calcolare il valore della Rds(ON) e della Rds(OFF) del dispositivo IRF530, rispettivamente con tensione statica di Gate di 20 V e di 0 V. Il primo è calcolato come segue:

Si tratta, come si vede, di una resistenza estremamente bassa, probabilmente ancora più bassa di quella delle stesse connessioni, dei cavi e del PCB. In tale modo la dissipazione termica del dispositivo viene ridotto al minimo, nonostante il transito di corrente sia importante. Il secondo è calcolato come segue:

Il canale DS, in pratica è un circuito aperto, nel quale transita solo una minima corrente di fuga, nell’ordine dei picoAmpere.

IGBT

Gli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) sono ancora molto utilizzati come dispositivi di commutazione nei circuiti di potenza. I convertitori, gli inverter e i driver per motori usano massicciamente questo tipo di componenti. L’IGBT è un dispositivo a semiconduttore con quattro strati alternati (P-N-P-N) e sono controllati dal gate a semiconduttore di ossido di metallo (MOS), inoltre l’IGBT ha una sola giunzione PN. Praticamente essi sono dispositivi ibridi tra i transistori bipolari e i Power MOSFET e possono sopportare maggiori tensioni e correnti, anche superiori di 1000 V e 1000 A. In pratica tali componenti sfruttano i vantaggi della tecnologia del BJT e del MOSFET. Essi consentono di ottenere una bassa resistenza di canale, pur essendo caratterizzati da una tensione di rottura elevata a scapito, però, della velocità di switching. Gli IGBT sono creati utilizzando uno o più BJT con un transistor a effetto di campo di tipo VDMOS. In questo modo esso possiede una impedenza di ingresso molto alta e un comportamento simile a quello del BJT, per quanto riguarda il transito di corrente, sia nella conduzione che nella commutazione. I terminali di un dispositivo IGBT sono i seguenti:

  • gate (il terminale di controllo);
  • collettore;
  • emettitore.

Normalmente la corrente tra collettore ed emettitore (polarizzazione VCE positiva) è controllata agendo sul gate con una tensione positiva VGE maggiore di una tensione di soglia minima. Purtroppo il dispositivo non è molto veloce nella commutazione. In figura 2 si può osservare un esempio di applicazione pratica di commutazione PWM tramite il dispositivo IGBT IKW30N65EL5, le cui caratteristiche principali sono le seguenti:

  • collector-emitter voltage (Vce): 650 V;
  • DC collector current (Ic): 85 A;
  • pulsed collector current: 120 A;
  • gate-emitter voltage (Vge): +/- 30 V;
  • power dissipation (Ptot): 227 W;
  • operating junction temperature (Tvj): between -40° C and +175° C.

Il grafico della figura è nel dominio della tensione di gate ed è formato dalle seguenti curve:

  • tensione VGE ascendente (Vgate), compresa tra 0 V e 30 V. E’ proprio questa tensione a pilotare il gate e a innescare la conduzione del dispositivo. La soglia di conduzione, in questo caso, è maggiore di 8 V;
  • corrente di collettore (Ic). Come si può notare, nell’intervallo di Vg compreso tra 6 V e 8 V il dispositivo regola la corrente, proprio come un potenziometro, ed esso è in zona lineare;
  • potenza dissipata dal dispositivo (Ptot): questa curva rappresenta il caso peggiore di funzionamento, in quanto sia la tensione che la corrente sono a livelli molto alti, causando un incremento esponenziale della potenza dissipata. In applicazioni generiche, si deve evitare di far lavorare l’IGBT in tale condizione;
  • tensione di drain (Vd): è la tensione presente su questo terminale. Se il dispositivo è disattivato e aperto, la tensione equivale al valore di VCC, se esso è attivato e in stato di ON, la tensione scende a livelli minimi;
  • efficienza: in condizioni di saturazione statica, il dispositivo possiede una efficienza prossima al 100%.
Figura 2: esempio applicativo della conduzione di un IGBT

MOSFET SiC

L’elettronica di potenza basata sul silicio (Si) ha dominato per lungo tempo il settore dell’elettronica di potenza. Il carburo di silicio (SiC) ha guadagnato molto spazio sul mercato negli ultimi tempi grazie ai suoi importanti vantaggi. Con l’implementazione dei nuovi materiali, gli interruttori elettronici hanno migliorato nettamente le proprie caratteristiche elettriche statiche e dinamiche. Un interruttore ideale possiede le seguenti caratteristiche:

  • ha una velocità di commutazione infinita;
  • può fare transitare alte correnti senza cadute di tensione;
  • può gestire alte tensioni;
  • il suo canale di passaggio di corrente (solitamente D-S) possiede una resistenza nulla;
  • non causa perdite di energia nel passaggio tra i due stati logici.

Il silicio non permette prestazioni superiori e i dispositivi realizzati con tale materiale non presentano, pertanto, una alta efficienza. I Mosfet SiC combinano tute le caratteristiche di un interruttore quasi ideale, permettendo di operare con dispositivi molto performanti. I suoi vantaggi principali comprendono la maggiore efficienza e affidabilità, la riduzione dei problemi termici e bassi ingombri fisici. Grazie alle perdite di commutazione ridotte, il sistema finale può lavorare con una temperatura minore, consentendo di avere un circuito più leggero ed economico, dal momento che la conduttività termica del SiC è molto maggiore di quella del silicio. In altre parole, un sistema con SiC di bassa potenza può sostituire un sistema con silicio di potenza maggiore, a parità di prestazioni. Inoltre le frequenze di commutazione possono essere elevate in maniera importante, consentendo grandi riduzioni delle dimensioni dei circuiti. I dispositivi a SiC possono lavorare fino a temperature comprese di 175° C. Le caratteristiche dei Mosfet SiC non variano molto in funzione delle temperature e delle correnti (come accade, invece, con il silicio). Grazie a tutti questi vantaggi, i SiC Mosfet sono utilizzati in una pluralità di applicazioni:

  • il trasporto dell’energia, in previsione dell’uso della DC ad alta tensione;
  • e-mobility, per pilotare i motori di auto elettriche e per i circuiti della ricarica delle batterie;
  • settore ferroviario, per il pilotaggio di motori dalle potenze di milioni di Watt;
  • settore fotovoltaico: per il pilotaggio dei carichi e per la ricarica degli accumulatori.

In figura 3 si può osservare un utilizzo tipico di attivazione e disattivazione di un MOSFET SiC tramite un segnale PWM. Il MOSFET SiC utilizzato è il modello UF3C065080T3S, con le seguenti caratteristiche di base:

  • package: TO-220-3L;
  • drain-source voltage (VDS): 650 V;
  • gate-source voltage (VGS): -25° C to +25° C;
  • continuous drain current (ID): 31 A;
  • pulsed drain current (IDM): 65 A;
  • power dissipation (Ptot): 190 W;
  • maximum junction temperature (Tjmax): 175° C.

L’esempio lo pone a confronto con un transistor di potenza BJT. Quando i due interruttori elettronici sono attivati, sul carico transita una corrente di circa 4.8 A. La frequenza di pilotaggio è abbastanza alta, di circa 100 kHz. E’ interessante notare che, a ogni periodo del segnale, l’attivazione del MOSFET SiC avviene i soli 30 nanosecondi, mentre la saturazione del BJT avviene in circa 500 nanosecondi, un tempo inaccettabile per questa tipologia di applicazione. Proprio per tale motivo, i BJT sono stati abbandonati nelle soluzioni di potenza ad alta frequenza. L’alta velocità del dispositivo consente una sua dissipazione bassa. La soluzione con MOSFET SiC, infatti, dissipa mediamente una potenza di 1 Watt, mentre la soluzione a con BJT dissipa mediamente una potenza di 12 Watt.

Figura 3: la velocità di commutazione dei MOSFET SiC è molto elevata

MOSFET GaN

Il nitruro di gallio è un materiale semiconduttore con band gap diretto e le sue particolarità più importanti sono quelle di gestire tensioni molto elevate ad alte temperature. Questi tipi di dispositivi garantiscono una maggiore efficienza e meno perdite di commutazione nelle applicazioni switching. Il nitruro di gallio offre una migliore conduttività termica, una velocità di commutazione più alte e permette la realizzazione di dispositivi fisicamente più piccoli rispetto a quelli tradizionali in silicio. In altre parole vi sono basse perdite di potenza durante i cicli di carica e di scarica e occupano meno spazio sul PCB. Con i MOSFET GaN aumentano l’efficienza energetica e l’affidabilità delle soluzioni finali. Si prevede che i componenti in GaN possano cambiare radicalmente il mondo dell’elettronica di potenza, e i costi e l’affidabilità dei componenti elettronici realizzati con i nuovi materiali semiconduttori si avvicinano sempre più a quelli dei componenti in silicio. Un dispositivo GaN può essere acceso e spento molto più velocemente rispetto alle altre tipologie di interruttori elettronici, infatti i suoi tempi di accensione medi sono circa 4 o 5 volte più brevi dei MOSFET tradizionali. I dispositivi GaN hanno bisogno di un driver per garantire che essi si attivino e si disattivino in maniera perfetta. Per portare in conduzione un dispositivo GaN, è sempre consigliabile alimentare il terminale gate con la sua massima tensione tollerabile. In questa maniera lo stato di ON è netto e deciso. Un vantaggio rilevante nell’adozione di dispositivi basati su GaN è una importante riduzione della Rds(ON), ovvero la resistenza interna del dispositivo quando esso è nello stato di conduzione. Inoltre l’ampio band gap migliora le prestazioni fino a temperature più elevate rispetto a quelli del silicio, tant’è che negli ultimi anni il numero di applicazioni che utilizzano i MOSFET GaN sta aumentando esponenzialmente. Gli esempi che seguono riguardano il modello EPC2032, un esemplare provvisto di alcune protuberanze per permettere la saldatura e dalle caratteristiche molto rilevanti, tra cui:

  • drain to source voltage (VDS, continuous): 100 V;
  • drain to Source voltage (up to 10,000 5 ms pulses at 150˚ C): 120 V;
  • continuous current (ID): 48 A;
  • pulsed current: 340 A;
  • drain to source On resistance (RDS(on)): 3 milliOhm;
  • gate to source voltage (VGS): from -4 V to 6 V;
  • very high switching frequency;
  • operating temperature (TJ): from -40° C to +150° C.

Una prima osservazione riguarda la determinazione della Rds(ON) del dispositivo, secondo lo schema applicativo in regime statico di figura 4. Tale resistenza, in regime statico, è estremamente bassa (solo 0.002853 Ohm) e consente una dissipazione quasi nulla dell’interruttore elettronico pari, nell’esempio, a soli 1.29 W, a fronte di un carico che dissipa ben 1997 Watt, con una efficienza equivalente del 99.94%.

Figura 4: il dispositivo GaN EPC2032

La temperatura influisce sempre su qualsiasi componente elettronico. Per fortuna i dispositivi GaN non risentono molto dei cambiamenti termici e benché la Rds sia relativamente variabile, l’efficienza del circuito è sempre molto alta. I due grafici in figura mostrano, rispettivamente l’andamento del parametro Rds in dipendenza della tensione Vgs (grafico in alto) e della temperatura di giunzione (grafico in basso). Il coefficiente di temperatura della Rds(ON) è positivo, ossia esso aumenta con l’aumentare della temperatura.

Conclusioni

In questo articolo abbiamo esaminato, molto in generale, alcuni componenti fondamentali dell’elettronica di potenza. Esistono sul mercato anche altri componenti che uniscono i vantaggi di quelli precedentemente visti e ne eliminano alcuni aspetti negativi. Tra questi possiamo annoverare, per esempio, i GTO e i GCT, speciali tiristori che possono sopportare tensioni di molti kV e correnti di alcuni kA. Essi possono essere controllati, in accensione e in spegnimento, tramite il terminale gate. I materiali con un ampio band gap, come il GaN e il SiC, permettono adesso di abbassare i costi di progettazione, riducendo anche le dimensioni delle soluzioni di potenza. Il band-gap di un materiale dipende dalla forza dei legami chimici tra i suoi atomi. E i nuovi materiali consentono ai progettisti di ottenere risultati molto importanti in termini di prestazioni del sistema, sotto tutti i punti di vista.

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