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Le interviste di EDM | Electronics Design Master: Rosario Catania

da | 26 Gen, 21 | Interviste, News |

Le interviste di EDM: oggi intervistiamo Rosario Catania, studioso di fenomeni Naturali e Scienze della Terra. Attraverso una emotiva condivisione di notizie e progetti, Rosario riesce a trasmetterci tutta la passione e la professionalità con cui egli studia e analizza il comportamento del vulcano Etna, assieme ai suoi collaboratori, nel progetto ERO (Etna Radio Observatory).

Una breve presentazione di te e dell’osservatorio

Mi chiamo Rosario Catania, sono perito industriale specializzato in Informatica e Telecomunicazioni, e da 25 anni lavoro in STMicroelectronics come tecnico di produzione. Tra le mie passioni, vi è quella per la montagna e per le Scienze della Terra, e grazie al fatto che abito alle pendici dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa e patrimonio dell’umanità, ho la possibilità di alimentarle costantemente. Circa 8 anni fa ho pensato di mettere insieme un gruppo di persone che hanno in comune le stesse passioni, e ciascuno con le proprie competenze ed esperienze, nel proprio tempo libero, contribuisce alla crescita di un progetto chiamato ERO (Etna Radio Observatory) che ha, come elemento essenziale, lo studio dei segnali radio naturali, quindi delle onde elettromagnetiche a bassissima frequenza che il nostro pianeta produce durante i fenomeni naturali, come i temporali, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, o per interazione con eventi astrofisici come le tempeste solari, e molto altro ancora. L’Osservatorio ERO conta oggi 12 membri, alcuni dei quali, professionisti in materia di vulcanologia, alcuni radioamatori e molti elettronici.

Quali sono gli obbiettivi principali della tua attività di osservazione?

Raccogliere dati sui fenomeni naturali, analizzando alcune frequenze che possono fornire una impronta caratteristica di ciò che osserviamo, e per fare questo utilizziamo sensori appositamente costruiti, in grado di ricevere tali frequenze, ma purtroppo la cosa non è cosi semplice, dato che insieme ai segnali radio naturali si ricevono anche i disturbi, causati prevalentemente dall’attività dell’uomo. Questi rumori spesso coprono i segnali naturali, per cui è indispensabile fare attenzione, già in fase di progettazione, di costruzione e di installazione, degli apparati di ricezione, insieme a tanto lavoro di registrazione, elaborazione e confronto, anche tra più stazioni, sparse in diverse zone del territorio. Solo con l’esperienza e nel tempo, si può mettere a punto un metodo per riconoscere un evento naturale e la sua impronta radio.

Che elementi di novità (se ci sono) prevede l’osservatorio?

Prevediamo di espandere sul territorio le nostre stazioni, grazie al supporto e alla collaborazione con enti pubblici e privati, che ci permettono di installare i nostri sensori in luoghi opportuni, quanto più distanti da sorgenti di rumore, quindi essenzialmente distanti dai centri abitati. Con la sua vasta superficie, l’Etna offre un ampio bacino di operatività. Al momento l’osservatorio dispone di 3 stazioni disposte lungo i fianchi sud-orientali del vulcano.

Cosa rappresenta l’Etna per voi scienziati e per i Siciliani? Costituisce un pericolo? Perché è un vulcano amato?

L’Etna è qualcosa di unico, un laboratorio naturale che offre spunti per diverse attività di ricerca, sia per i professionisti, che gli appassionati come me. Essendo un vulcano attivo rappresenta certamente un pericolo costante per le popolazioni che abitano sui fianchi, ma chi ha scelto di vivere qui, è consapevole di godere della meraviglie di questa terra condividendo emozioni e timori. L’alternanza di distruzione e vita, ha rappresentato per la gente etnea, un destino a cui non ci si può sottrarre, ma l’amore per la “muntagna” vince su ogni paura. La ricchezza di queste terre nere, dei secolari boschi, del clima unico tra mare e montagna, hanno reso questi luoghi la terra del mito, in cui gli elementi naturali come acqua, terra e fuoco, si fondono per celebrare un pianeta che vive.

Pensi che l’IoT possa davvero migliorare le vostre ricerche?

L’ IoT (Internet of things = internet delle cose), rappresenta la sintesi di come oggi la tecnologia comunica con ciò che ci circonda, e quindi con le nostre esperienze quotidiane. Sensori per ogni esigenza comunicano tra di loro e ci danno una percezione reale di ciò che succede attorno, dalle variazioni ambientali a quelle del movimento. Tutto questo e’ un valore aggiunto alle nostre ricerche, essenzialmente per due motivi, perchè i sensori digitali hanno raggiunto livelli di precisione ed affidabilità, e perchè costano poco grazie alla produzione su vasta scala. Accelerometri, barometri, giroscopi, per fare un esempio con i sensori che utilizziamo quotidianamente nei nostri smartphone, se affiancati a strumenti professionali, posso rappresentare un compagno tecnologico importante, nella ricerca e nello studio dei fenomeni naturali. Per fare questo però servirà un lungo periodo di affiancamento, di raccolta ed elaborazione dati e di sviluppo di nuove soluzioni sia software che hardware per adattare i sensori smart alla geofisica. Al momento utilizziamo tecnologia prodotta da STMicroelectronics, essenzialmente per il rilevamento di vibrazioni dei nostri strumenti di ricezione, come le antenne, per il monitoraggio dei parametri ambientali nelle nostre stazioni, e da pochissimo anche per il rilevamento delle vibrazioni del suolo, affiancati a strumenti professionali di indagine geologica, come i geofoni.

Pensi che con la tecnologia attuale sia possibile misurare (se esistono) i precursori sismici ed utilizzarli per prevedere eventi sismici con sufficiente anticipo?

La tecnologia moderna, ha raggiunto livelli notevoli, impensabili fino allo scorso secolo, ma è già molto difficile rilevare un precursore. Nel 2015 l’osservatorio ERO, con la stazione di Nicolosi ospitata all’interno della Sede dell’Ente Parco dell’Etna, ha partecipato ad una campagna di raccolta dati, chiamata OPERA (Osservatorio Permanente Emissioni Radiosismiche). La campagna ha previsto l’analisi di oltre 15000 episodi sismici documentati dall’INGV, ma lo ha fatto dal punto di vista radio, ovvero utilizzando i segnali ricevuti dai magnetometri, sensori capaci di captare le emissioni radio dei fenomeni naturali (per propagazione delle onde elettromagnetiche generate dalla sorgente stessa). Per discriminare i potenziali segnali precursori, si è definito un indice radiosismico (RI), che e’ funzione della magnitudo e della distanza. Dei 15000 eventi pubblicati, applicando questo indice, solo 46 sono stati oggetto di studio per possibili emissioni radio e tutti con magnitudo >4.0, tenendo conto della percentuale di propagazione delle onde sismiche ad una certa distanza dai sensori (un sisma 8.0 e’ rilevabile a 10000 Km di distanza!). Al fine di evidenziare solo i segnali radio naturali, è stato necessario eliminare tutti i segnali che non hanno a che fare con l’attività sismica o che generano falsi allarmi. La miglior strategia per determinare un possibile segnale precursore, che è diventata una sorta di check-list adottata da OPERA, ha previsto che l’eventuale segnale precursore sia ricevuto contemporaneamente da tutte le stazioni con un indice RI simile, che il confronto sia esteso a giorni prima e dopo l’evento, per escludere quei segnali periodici che non hanno a che fare con l’ episodio in analisi, che nel caso si manifesti un segnale precursore, a questo deve seguire un terremoto, e che un terremoto che viene registrato contemporaneamente con la stessa magnitudo-distanza, deve dare origine necessariamente ad un segnale precursore simile (evento ripetibile). In conclusione, basandosi su magnitudo e distanza di un evento sismico, l’indice radiosismico RI, riassume in un solo parametro, la possibilità di rilevare o meno dei radio-precursori a bassissima frequenza, e spiega anche il perché se da una parte il rilevamento è molto difficile, dall’altra il loro utilizzo per una previsione è, almeno ad oggi, pressoché impossibile.

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